Emilio Troncarelli, pittore

… In Troncarelli non si tratta di un semplice riproporre “qualcosa”, magari di Roma (contesto in

cui l’Artista opera), ma eliminate le imperfezioni del reale, la sua diventa pittura del “vero

poetico”.

All’osservatore distratto uno scorcio può apparire reale seppure purgato di taluni segni di

“invecchiamento”; non credo sia così: vi è qui un assemblare, con immagini non concrete ma

tratte dalla memoria, i sentimenti e gli oggetti. La fusione di questi elementi costituisce la vera

essenza dell’opera di Troncarelli, ciò rimane evidente sia nei paesaggi spesso “ricomposti” quasi

fossero sintetizzati dal ricordo, sia nelle nature morte mai rese come inerti bensì capaci di

interrogare l’avventore.

Quale elemento resta, come categoria di riferimento, in una pittura che è un figurativo, per così

dire un reale-ineffabile, immaginato ma vero (come s’è detto, d’un “vero poetico”), che sfugge

alla classificazione del semplice figurativo? Si potrebbe dire che sia, questa, una pittura

figurativa-metafisica? Probabilmente no. Inviterei ad osservare più semplicemente il suo

linguaggio, la cui chiave di lettura sono le linee di forza, vere “rationes” compositive. Al di là di

questi elementi, i più basilari e che quasi si darebbero per scontato (sappiamo che così in anni

recenti più non è stato), non si può affermare altro. Bisogna unicamente trarsi indietro ed

ammirare l’opera lasciandosi interpellare da essa, entrandovi in un rapporto quasi simbiotico. Le

opere del nostro Artista, in questo contesto più che mai in passato, chiedono al “lettore” di farsi

sua carne, sue ossa, suo respiro, per entrare in un ambiente elevato, quello della

contemplazione.

Lasciamo a quanti vedranno i lavori il compito di rendere completo questo intento, permettendo

alle opere di penetrare nelle proprie viscere, aprendo i loro occhi alla meraviglia.

Gaspare Adamo D’Aguanno